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Antonio Giordano: " La Medicina deve fare il suo percorso libero e indipendente da posizioni meramente ideologiche. La priorità è il benessere dell'ammalato"

È acceso il dibattito sulla liberalizzazione della cannabis in Italia. Alcuni studi rivelano che la famosa "erba" ha potenziali effetti benefici nelle terapie del dolore neuropatico da sclerosi multipla o nei pazienti terminali, nella cura della nausea da chemioterapia o nei pazienti con AIDS. Sono in molti, però, a temere che la sua diffusione per scopi "ricreativi" potrebbe indurre i più giovani (e non solo) ad una dipendenza. Sulla questione abbiamo ascoltato il prof. Antonio Giordano, Direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine di Philadelphia.

Droghe come la marijuana o l'hashish possono portare dipendenza alla stregua di nicotina e alcool?

Sebbene l'utilizzo di marijuana/hashish non sia incluso tra i disordini mentali nel manuale DSM (manuale dei disordini mentali) come avviene per sostanze come l'alcool e la cocaina, esistono evidenze scientifiche che possa causare dipendenza. Tuttavia, il loro uso non può essere paragonabile a quello causato dal fumo di tabacco o dall'alcool. Uno studio australiano riporta come sintomi da astinenza, l’irritabilità, la sonnolenza e le difficoltà sociali.

Quali sono le patologie che potrebbero scaturire da un utilizzo frequente di hashish e marijuana?

Affezioni dell'apparato respiratorio come infezioni e cancro ai polmoni e alle vie respiratorie oltre ad alterazioni delle capacità cognitive. Ovviamente, parliamo dell'uso "ricreativo" e non medico della cannabis

Molti studi americani confermano la validità di terapie a base di cannabis per alleviare i dolori di malati terminali. Perché in Italia queste terapie sono ancora viste con scetticismo?

Si è vero negli Stati Uniti (in 20 Stati e nel district of Columbia), ma anche in altri Paesi (Canada, Paesi Bassi, Finlandia, Germania, Portogallo, Spagna, Austria) e' consentito l'uso medico della cannabis. In verità, in Italia, e' possibile utilizzare qualche prodotto farmaceutico a base di cannabis nel trattamento di alcune tossicodipendenze. Il Dronabinol, ad esempio, non è in commercio in Italia ma può essere importato dall'estero in base alla procedura prevista dal D.M. 11-2-1997.

Droghe leggere e droghe pesanti. Esiste davvero questa distinzione a livello scientifico?

L'espressione "droghe pesanti e droghe leggere" deve essere ritenuto un termine principalmente "colloquiale" che va ad indicare, rispettivamente, sostanze psicoattive particolarmente dannose e sostanze che sono ritenute non capaci di indurre dipendenza oppure capaci  di indurre dipendenza ridotta e meno pericolose di quelle pesanti. In ambito scientifico non esiste questa espressione né esistono confini così netti tra le diverse sostanze naturali e non che hanno effetti farmacologici e psicologici. Ciò che viene definito "droga" nel linguaggio comune spesso accomuna diverse sostanze con effetti psicotropi che non hanno alcuna attinenza chimica, botanica, psicoattiva o culturale. La legge Fini-Giovanardi del 2006 aveva equiparato droghe "pesanti" e "leggere" inserendo la cannabis nelle stesse tabelle di eroina e cocaina. E' di pochi giorni fa la bocciatura della suddetta legge ad opera della Corte Costituzionale che ha ripristinato pene minori per le droghe "leggere"

Qual è il suo parere medico sulla cannabis? Potrebbe essere utile come medicinale o va condannata per i suoi effetti?

Ritengo prioritario il benessere dell'ammalato. La Medicina deve fare il suo percorso libero e indipendente da posizioni meramente ideologiche. I cannabinoidi sono sostanze dalle innumerevoli proprietà farmacologiche.  Devono essere considerate per quello che sono: molecole potenzialmente attive su bersagli endogeni cellulari e, quindi, sono favorevole al loro utilizzo sotto controllo medico. Numerosi studi clinici indicano potenziali effetti benefici nelle terapie del dolore neuropatico da sclerosi multipla o nei pazienti terminali, nella cura della nausea da chemioterapia o nei pazienti con AIDS.

 Lei è favorevole o contrario alla "cannabis libera"?

Se guardiamo agli effetti sociali e al costo sanitario che provocano sostanze "legali" come l'alcool e il fumo di sigaretta, direi che introdurre altre sostanze nel commercio per uso personale e magari favorire un altro business di Stato non è un gesto nobile. E' anche vero che in una società civile e matura libertà e responsabilità personale devono essere garantite ai cittadini. Sembra tra l'altro dimostrato che la dipendenza dalla cannabis sia comunque inferiore a quella del fumo di sigaretta e dell'alcol. In fondo ciò che accade col fumo e con l'alcol ha qualcosa di contraddittorio e, forse, "schizofrenico": da un lato si lascia la libertà di vendere sostanze responsabili di migliaia di morti ogni anno con costi sanitari enormi, dall'altro si investono enormi risorse per convincere i cittadini a ridurre o a non usufruire affatto delle medesime sostanze. Liberalizzando la cannabis credo si entrerebbe negli stessi meccanismi. Si tratta di interrogarsi sul grande dissidio che vi è tra garantire ai cittadini di essere padroni del proprio corpo e della propria salute da un lato, e dall'altro mantenere come Stato una posizione coerente con quelle che sono le conoscenze scientifiche sull'argomento, diffondendo sempre informazioni che mirano al benessere psicofisico dei cittadini. La soluzione non è semplice e credo che sia posizioni proibizioniste che antiproibizioniste posseggano elementi di verità.

Per approfondimenti

http://www.realpost.it/news/politica/2014/2/19/post/antonio-giordan...

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