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Bucci e Giordano: Terra dei fuochi, la verità sul nostro studio. Ma politica e media non aiutano la scienza

Abbiamo dimostrato che alcuni agenti del cancro sono presenti in coloro che vivono nei comuni interessati dallo sversamento dei rifiuti tossici. Ma abbiamo anche precisato che le nostre sono “osservazioni preliminari”, che non possono essere arbitrariamente estese all’intera popolazione della Terra dei fuochi perché riguardano un campione ristretto. A parlare sono i professori Enrico Bucci ed Antonio Giordano della Sbarro Health Research organization della Temple University di Philadelphia, autori dell’importante studio al centro delle cronache, e delle polemiche, di questi giorni. I due scienziati difendono le ragioni della ricerca, “basate sui dati”, contro quelle di coloro che sono interessati “ad accendere fuochi, a creare le notizie. Ciò che non aiuta affatto il lavoro dei ricercatori e non fa il bene delle popolazioni locali. A ciò si aggiunge la deformazione dei social forum, che invece di essere usati al massimo per la divulgazione e la corretta informazione, spesso sono usati come strumento di attacco anche da ricercatori privi di conoscenza di merito, ma ricchi di risentimento”.

Il vostro studio sembrerebbe confermare ciò che molte ricerche sostengono da anni: vale a dire che esiste una correlazione tra l’aumento dei tumori e l’esposizione ai metalli tossici nella cosiddetta Terra dei Fuochi. E’ così?
No, il nostro studio non si occupa di questa correlazione. Esso mira alla individuazione di carcinogeni noti nel sangue della popolazione, e quindi a verificare se vi siano anomalie nella Terra dei fuochi. Abbiamo anche precisato, a proposito di quanto emerso dalle nostre rilevazioni, che si tratta di “osservazioni preliminari” perché riguardano un campione ancora molto piccolo: il che comporta un’incertezza notevole a livello di popolazione complessiva. E’ necessario estendere questo campione per sapere se il fenomeno rilevato sia limitato, sebbene grave, o se invece esso riguardi l’intera comunità che vive nelle aree interessate. Questo al netto di uno studio precedente, del 2010, che aveva già rilevato, per esempio, la presenza in quantità anomale di cadmio e mercurio nella popolazione della Terra dei fuochi, ed in particolare a Giugliano, analizzando centinaia di prelievi ematici.

E allora che cosa aggiunge il vostro studio a quelli svolti in passato? E in che modo se ne differenzia?
Ciò che emerge dalla nostra ricerca è una prima dimostrazione chiara dell’anomalo livello di alcuni agenti carcinogeni negli abitanti dei comuni devastati dallo sversamento di rifiuti tossici: un’evidenza riscontrata a livello individuale, di singolo paziente.

Ritenete che si sia fatto ciò che era necessario per affrontare questa drammatica emergenza?
Non è compito nostro proporre soluzioni alla politica. Del resto non esistono soluzioni semplici per problemi complessi. Abbiamo una sola indicazione da dare: non usare i dati scientifici nell’agone politico, perché la disputa politica rende impossibile l’accertamento della verità scientifica.

Che cosa rispondete a quanti parlano di allarmismo immotivato a proposito della diffusione di tumori infantili?
L’allarmismo, per definizione, è sempre immotivato. Cosa ben diversa è, invece, prendere sul serio i dati di incidenza e prevalenza tumorale che la comunità scientifica e clinica produce, informando la politica locale e nazionale e dirigendo al meglio gli sforzi di monitoraggio e di bonifica.

I prodotti agricoli dell’area nella quale si è svolta la vostra ricerca devono essere considerati pericolosi? O possono essere consumati senza paura?
Tutti i dati finora disponibili in letteratura sembrano indicare che i prodotti agroalimentari, fatto salvo casi sporadici, sono sani e adatti al consumo umano.

Come giudicate il ruolo dell’informazione? Ritenete che essa abbia svolto correttamente il suo ruolo?
Riteniamo che l’informazione abbia un ruolo fortemente distorsivo su temi polarizzanti come quello della Terra dei fuochi. In altre parole, invece di funzionare da mediatore, da investigatore e da controllore, la stampa spesso è interessata ad accendere fuochi, a “creare” le notizie. Questo non aiuta affatto il lavoro dei ricercatori e non fa il bene delle popolazioni locali. A ciò si aggiunge la deformazione dei social forum, che invece di essere usati al massimo per la divulgazione e la corretta informazione, spesso sono usati come strumento di attacco anche da ricercatori privi di conoscenza di merito, ma ricchi di risentimento.

Ma quanto pesa la spettacolarizzazione (anche da parte di chi conduce le inchieste) in questa vicenda? Il polverone mediatico che accompagna le indagini non rischia di condizionare i ricercatori e coloro interessati a raggiungere la semplice verità scientifica?
Il rischio c’è, ma finora i condizionamenti sui ricercatori sembrerebbero altri, legati più ai loro preconcetti e bias che al condizionamento mediatico. Naturalmente, non possiamo escludere che esistano singoli individui corrotti o in malafede; ma, come sempre, quello che conta è il consenso scientifico una volta che si è formato, e non le dichiarazioni dei singoli.

Perché, anche se si guarda al mondo scientifico, si ha l’impressione di una sua divisione su temi di tale gravità?
Molto spesso sono proprio i media, attraverso operazioni di “false balance”, a creare una percezione di divisione e di equa rappresentanza di opinioni contrapposte. Quando non sono direttamente i media provvede la politica, soprattutto su temi che possono influenzare le fortune elettorali e la rielezione di qualcuno. Naturalmente, i ricercatori stessi non sono immuni. E bisogna vigilare perché essi non siano trascinati nell’agone pubblico del dibattito polarizzato.

Ma situazioni simili sono immaginabili negli Usa? Come vengono affrontati e risolti simili casi dalle istituzioni d’Oltreoceano? E i privati – soprattutto per quanto riguarda la ricerca – che ruolo hanno?
Se consideriamo per esempio il dibattito che si sta svolgendo negli Stati Uniti sul tema del cambiamento climatico, assistiamo ad una contrapposizione fra una piccola, ma rumorosa, minoranza di negazionisti e la maggioranza dei climatologi; questo falsa polemica è alimentata dal populismo e dal narcisismo individuali, ma anche da forze politiche e finanziarie esterne alla ricerca scientifica e portatrici di interessi ben identificabili, in maniera non dissimile da quanto è avvenuto ed avviene per la Terra dei fuochi in Campania.

Quali iniziative suggerirebbe, da subito, alle istituzioni per mettere in sicurezza l’area?
Come sempre, non esistono soluzioni semplici né bacchette magiche, ne’ del resto noi abbiamo ruolo adatto a proporre “soluzioni” per mettere in sicurezza l’area. il nostro compito di ricercatori e’ innanzitutto identificare se e dove vi sia bisogno di intervenire. Altri membri della comunità scientifica, con competenze estese all’ingegneria, alla chimica ambientale, all’economia e al diritto dovranno invece identificare e proporre un ventaglio di soluzioni, tra cui la politica avrà il compito di scegliere.

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