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Ha origini antichissime ma oggi è pura decorazione. In Italia sono tatuate 7 milioni di persone

Da un punto di vista medico, il tatuaggio è una pratica molto invasiva e non dovrebbe essere una scelta fatta per omologarsi al gusto estetico moderno, perché le mode e i gusti cambiano, il tatuaggio resta. Oltre il 3% dei soggetti tatuati dichiara di aver avuto complicanze

tatuaggio


Il tatuaggio, ovvero l’arte di decorare la pelle, ha origini antichissime e nel corso dei secoli ha assunto numerose connotazioni attraverso molte culture, rappresentando una sorta di carta d’identità dell’individuo, un rito di passaggio, l’appartenenza ad un determinato gruppo fino a diventare un vero e proprio fenomeno sociale di massa.

Storicamente i primi tatuaggi sono stati rinvenuti sulla mummia dell’ “uomo di Pazyryk” all’interno della cultura kurgan dell’Asia centrale, databile intorno al 500 a.C. Tra le civiltà antiche in cui si diffuse il tatuaggio vi fu quella egiziana e l’antica Roma. Gli storici Plinio e Svetonio, infatti, testimoniano che gli schiavi romani erano marchiati con le iniziali del proprio padrone. Nel Medioevo inoltre vigeva l’usanza dei pellegrini, soprattutto tra i cristiani copti, di tatuarsi simboli religiosi come la croce o la natività, con lo scopo di rimarcare la propria identità cristiana.

Dalla fine degli anni Sessanta in poi la cultura del tatuaggio ha visto una graduale diffusione, prima tra i giovani hippy e i motociclisti fino a conquistare ogni strato sociale e fascia d’età. Oggi nelle società occidentali ci si tatua certamente per motivi molto diversi da quelli che contrassegnavano l’individuo come membro di una determinata tribù allo scopo di rafforzare convinzioni religiose, spirituali e magiche mediante un “marchio” sul corpo. Il tatuaggio sembra essere vissuto oggi come una decorazione del proprio corpo anche se i significati che le persone gli attribuiscono sono molto variabili da individuo a individuo.

Da un punto di vista prettamente medico bisogna riconoscere che il tatuaggio prevede una procedura altamente invasiva sotto il piano dermatologico con l’inserimento di pigmenti all’interno della pelle attraverso l’uso di aghi. Prima di procedere è necessaria la firma da parte del cliente di un consenso informato in cui bisogna dichiarare, sotto la propria responsabilità, di non soffrire di allergie. Secondo le stime oltre il 3% dei soggetti tatuati dichiara di aver avuto complicanze, dal semplice dolore e ispessimento della pelle fino a granulomi, infiammazioni, allergie e infezioni. Ma questo dato sembrerebbe sottostimato. I rischi possono essere molto gravi, soprattutto da un punto di vista infettivo perché se non vengono rispettate norme igieniche molto rigorose un tatuaggio può causare infezioni sia batteriche che virali, anche gravi come tetano, epatiti e AIDS. Il rischio infettivo non è legato solo al momento dell’esecuzione: essendo infatti il tatuaggio equiparabile ad una ferita da abrasione, sono possibili infezioni anche nella fase di guarigione, se non viene prestata, da un punto di vista igienico, la giusta attenzione alla cura della zona tatuata.

Nel caso delle reazioni allergiche, in soggetti ipersensibili si può scatenare lo shock anafilattico. Numerose sono le condizioni in cui fare un tatuaggio è controindicato: malattie della pelle, fotosensibilità, disturbi della coagulazione, diabete, nevi, sindromi immunosoppressive. Poco più della metà delle persone tatuate conosce i rischi legati al tatuaggio. Affinché un tatuaggio non comporti rischi per la salute è molto importante anche che vengano usate sostanze e pigmenti autorizzati. Nel 2009 negli USA fu lanciato un allarme per il possibile uso di inchiostri contenenti ammine aromatiche, sostanze capaci di provocare il cancro.

In Italia sono circa 7 milioni le persone tatuate, ma il fenomeno appare in crescita, soprattutto tra i giovani e in alcuni casi i minorenni, previo consenso dei genitori. Medici e tatuatori esperti concordano sul fatto che, prima di decidere di tatuarsi, occorre un’attenta riflessione perché si tratta di un marchio praticamente indelebile, a meno di procedure invasive (che non sempre danno il risultato sperato) come la dermoabrasione, un metodo molto aggressivo che raschia via la pelle fino a 2 mm di profondità e può lasciare cicatrici visibili.

Occorre, quindi, praticare molto buon senso quando si decide di farsi un tatuaggio. Tutto dovrebbe essere preceduto da una seria presa di coscienza sul “perché” tatuarsi. Il perché è spesso l’anello debole della scelta, ma a volte stati d’animo passeggeri non adeguatamente gestiti compromettono anche gli altri aspetti di questa scelta: il “cosa” tatuarsi e il “dove” tatuarsi  e si finisce per ritrovarsi un decoro nel posto “sbagliato” senza neanche sapere perché si è scelto di farlo.

Il tatuaggio forse non dovrebbe essere una moda o un tentativo di omologazione al gusto estetico moderno perché le mode e i gusti cambiano. Il tatuaggio resta. Cambiamo anche noi interiormente e fisicamente, anche contro la nostra volontà. Il tatuaggio resta. Quindi se come tatuaggio scegliamo qualcosa che rappresenta la nostra essenza o un passaggio cruciale della nostra vita, stando pienamente centrati su di noi, forse quel decoro sulla pelle ci risulterà sempre gradito e familiare. In caso contrario, dopo aver smaltito l’emotività del momento, potremmo viverlo come un intruso sul nostro corpo.

di Antonio Giordano

Per approfondimenti: http://www.lavocedinewyork.com/lifestyles/scienza-e-salute/2016/05/...

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