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Ricerca, Giordano: «I nostri giovani brillano fuori del Paese, il sistema va riformato»

Il ministro Salvini ha definito l’oncologo «orgoglio per il Paese»: «Grazie, colgo l’occasione per parlare dei nostri giovani messi da parte. La Scuola Meridionale grande opportunità per sperimentare nuovi modelli di rete col mondo della ricerca» 

di Luca Marconi


NAPOLI - «I giovani ricercatori italiani non diventano intelligenti fuori del Paese, mi piacerebbe cogliere l’occasione per parlare di questi ragazzi, di università e ricerca», dice il professor Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute di Philadelphia, ringraziando il ministro Salvini per i «complimenti» alla pubblicazione, su Nucleic Acids Research, della ricerca del suo team italiano in Usa sul ruolo di una proteina nel prevenire l’insorgenza del cancro, studio finanziato soprattutto dagli Stati Uniti ma che coinvolge l’Università di Siena, l’Istituto Pascale di Napoli ed il Crom di Mercogliano con la Temple University di Philadelphia.

Complimenti ripetuti dal ministro Bussetti, che aveva già nominato Giordano nel comitato ordinatore della nascente Scuola Superiore Meridionale della Federico II (quella che avrebbe dovuto essere una «succursale» della Normale di Pisa prima delle proteste toscane). L’oncologo e anatomo-patologo che già nel 1989, nei laboratori di Cold Spring Harbor a New York, sotto la direzione del premio Nobel James Watson scoprì un collegamento diretto tra la regolazione del ciclo cellulare e lo sviluppo del cancro - e che nel 1993 individuò e clonò un gene oncosoppressore, ad oggi autore di oltre 500 pubblicazioni - è noto in Campania soprattutto per la determinazione nel denunciare, da sempre - sfidando accuse di “allarmismo” - i rischi per la salute degli abitanti delle province delle ecomafie oggi dette Terre dei Fuochi ma già nel 2004 battezzate dal Lancet Oncology «Triangle of Death» e già negli anni Settanta indicate in una «mappa della nocività» nello studio “Salute ed Ambiente in Campania” di Giovan Giacomo Giordano, padre di Antonio, a capo di un’equipe al lavoro sull’incidenza delle neoplasie a ridosso delle industrie chimiche.

Professore il ministro la indica quale «simbolo dell’ingegno del nostro Paese nel mondo».
«Sono molto contento che il vice premier abbia apprezzato la qualità del nostro lavoro. È incoraggiante sapere che un rappresentante delle istituzioni che, attualmente, gode di un grande consenso, sia così attento ai temi della ricerca scientifica troppo spesso trascurati nel nostro Paese».

Il suo team ha potuto lavorare al progetto per quattro anni grazie a fondi federali americani.
«Con lo Sbarro Institute di Philadelphia abbiamo creato un ponte virtuale tra gli Stati Uniti e l’Italia, favorendo una rete di collaborazioni che consente a scienziati di diverse discipline di fare ricerca negli ambienti più competitivi. Questo nostro ultimo lavoro è frutto di una collaborazione che dura da anni, in cui i ricercatori inseriti in questo network internazionale sono riusciti così a perseguire i loro obiettivi con continuità. È doveroso ringraziare anche la dirigenza tutta dell’Istituto Pascale, i dottori Attilio Bianchi, Gerardo Botti e Rosa Martino e l’avvocato Carmine Mariano che negli ultimi anni si sono impegnati personalmente per garantire ai nostri validi ricercatori, sebbene precari, la continuità necessaria per sviluppare i loro meritevoli progetti con risultati di rilevanza internazionale». 

Lei ha detto che in America, nonostante la crisi, la ricerca è sempre ben finanziata, mentre in Italia viene finanziata una elite e ha fatto appello alla politica perché «renda i finanziamenti accessibili a chi fa un lavoro eccezionale che non viene considerato a sufficienza».
«Il meccanismo di distribuzione dei fondi in Italia andrebbe completamente rivisitato, così come il sistema di reclutamento. I pochi finanziamenti sono difficilmente accessibili soprattutto per i più giovani e per quella classe di non più giovani che è stata in qualche modo “tagliata fuori” perché i governi precedenti non hanno saputo investire né nella ricerca né tantomeno nel merito». 

Malgrado tutto tanti giovani si fanno valere e un suo conterraneo, il napoletano Lorenzo Brunetti, scelto nella cinquina dei migliori giovani scienziati italiani in Nord America, gli Awards dell’Issnaf, dopo il riconoscimento è riuscito a tornare a Perugia dove sta lavorando.
«L’ottimo ragazzo fa eccezione, perché numerosi scienziati di talento che osano partecipare da outsider ai concorsi universitari sono considerati “cani sciolti” o “schegge impazzite” pur avendo curriculum da far impallidire i migliori professori ordinari delle stesse discipline. Il sistema andrebbe interamente riformato».

Come sarà la Scuola Meridionale?
«La Scuola Meridionale è una grandissima opportunità per il Sud. C’e’ stato un primo incontro informale con il rettore della Federico II Gaetano Manfredi e gli altri membri del comitato ordinatore, Giovanni Nicoletti e Giuseppe Recinto. Il nostro obiettivo è quello di sviluppare un programma che possa aprire nuovi orizzonti per i giovani studenti di discipline sia umanistiche che scientifiche, favorendo l’acquisizione di professionalità che possano trovare sbocco immediato nel mondo del lavoro. Il mio contributo è volto, soprattutto, alla creazione di un modello vincente, che non sia solo speculare a quello di Pisa, ma che abbia un respiro internazionale e possa aprire strade di successo per i nostri giovani verso tutte le direzioni». 

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PDF delle   pagine del Corriere del Mezzogiorno con Intervista integrale

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