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Terra Medica di Antonio Giordano. I test di non-inferiorità: possibile approccio per curare pazienti oncologici

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L’obiettivo è determinare se i farmaci non solo garantiscano risultati migliori, ma anche prestazioni non inferiori rispetto al migliore in commercio

Ricerca clinica.


12 Giu 2018
In ambito oncologico, i test di non inferiorità rappresentano un approccio esaminativo molto utile nel determinare la validità di un trattamento farmacologico. Lo scopo di uno studio di non inferiorità è quello di dimostrare che un nuovo trattamento non sia peggiore di quello di confronto, tenendo in considerazione un margine di non-inferiorità rappresentato da un valore prefissato

Lo scopo dei trial clinici è quello di valutare se un nuovo farmaco o una nuova terapia, siano in grado di offrire risultati migliori nel trattamento di una determinata patologia rispetto ai farmaci già in uso. Tutti gli studi clinici vengono effettuati su campioni rappresentativi della popolazione: generalmente è necessario un gruppo da sottoporre al trattamento e un gruppo di controllo, al quale viene somministrato una sostanza placebo oppure il farmaco già in uso.
L’obiettivo principale, all’inizio di uno studio clinico, è quello di stabilire se il farmaco che si intende commercializzare garantisca non solo risultati migliori (in termini di efficacia e sicurezza) del placebo, ma determini anche prestazioni non inferiori rispetto a quelle del migliore farmaco in commercio, al momento del test.


I motivi di questi obblighi sono evidentemente etici e gli esperimenti clinici sull’uomo sono oggi protetti da severe normative di carattere etico-morale; tutto ciò crea, senza dubbio, una serie di problematiche legate al tipo di test che rimane possibile applicare nelle diverse situazioni, dalla più semplice in cui si dispone di tre popolazioni e, quindi, dei dati relativi a placebo, farmaco di controllo e farmaco testato, alla più problematica, in cui non è eticamente possibile somministrare il placebo, oppure non si dispone di dati storici affidabili sul confronto tra questo e il trattamento di controllo. E’ proprio a questo punto che è necessario affrontare la questione sulla scelta del test da utilizzare; si possono condurre studi di superiorità, equivalenza o non inferiorità. In ambito oncologico, i test di non inferiorità rappresentano un approccio esaminativo molto utile nel determinare la validità di un trattamento farmacologico. Lo scopo di uno studio di non inferiorità è quello di dimostrare che un nuovo trattamento non sia peggiore di quello di confronto, tenendo in considerazione un margine di non-inferiorità rappresentato da un valore prefissato. Affermare che un trattamento sia non-inferiore ad un altro è più complicato che affermare che sia superiore, ma nonostante questo, negli ultimi anni gli studi di non-inferiorità sono aumentati.


Tuttavia, le critiche nei confronti di questo modello sperimentale sono tante e riguardano principalmente il pericolo di esporre i pazienti con gravi patologie, come quelle oncologiche, a cure sperimentali che potrebbero essere inferiori rispetto a quelle validate e già utilizzate. Generalmente per gli studi di non inferiorità si utilizzano campioni numericamente ridotti rispetto agli altri tipi di studi, ma la numerosità del campione è importante perché deve soddisfare le condizioni statistiche minime per dimostrare l’ipotesi formulata. Inoltre, il campione è pur sempre esposto a rischi legati alla somministrazione del farmaco sperimentale. In ogni caso, al primo posto di qualsiasi tipo di sperimentazione deve esserci il benessere del paziente e se gli studi di non-inferiorità rispettano questa condizione possono risultare molto utili nella sostituzione di farmaci in commercio poco tollerati e con effetti indesiderati maggiori. Si tratta quindi di esaminare caso per caso, vigilando che il disegno di equivalenza o di non inferiorità sia realmente appropriato, e verificando il rispetto di tutte le norme che garantiscono scientificità alla ricerca clinica.

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