Si parla spesso, in medicina, di “sovradiagnosi”. Esse hanno importanti ricadute concrete su decisioni terapeutiche, qualità di vita dei pazienti e costi dell’assistenza sanitaria. Spesso, erroneamente, la sovradiagnosi è ritenuta sinonimo di risultati “falsi positivi”, cioè frutto di diagnosi errata di malattia inesistente a causa di un test “falso” positivo, in soggetti sani.
Sovradiagnosi si ha invece quando ad un individuo viene diagnosticata, e di conseguenza trattata, una condizione clinica per cui non avrebbe mai sviluppato sintomi e non avrebbe mai rischiato di morire.
In altre parole, alla maggiore sopravvivenza dovuta alle diagnosi precoci fa, oggi, riscontro a causa delle sovradiagnosi un aumento numerico di soggetti che vivono da malati.
Ci troviamo, quindi, di fronte ad un problema relativamente nuovo per la medicina.
I “check-up”, gli screening e i test diagnostici rendono le cure più pronte, ma hanno anche la capacità di sovrastimare l’incidenza di malattie “inconsistenti” oppure di anticipare una diagnosi, generando angoscia senza che poi vi sia un beneficio in termini di sopravvivenza.
Uno dei pericoli più seri della sovradiagnosi, consiste nel mettere in evidenza delle lesioni o dei tumori “in situ” che non evolveranno mai nel corso della vita, ma sui quali, se il medico li individua, si sentirà ‘obbligato’ ad intervenire chirurgicamente e/o con terapie radianti o chemioterapiche. Tuttavia, un paziente con sovradiagnosi non avrà alcun beneficio da quel trattamento perché non c’è nulla da trattare: non ha sintomi, non li svilupperà, né rischierà di morire a causa della malattia sovradiagnosticata.
Al massimo potrà andare incontro a dei rischi, poiché quasi tutti i trattamenti possono provocare effetti collaterali potenzialmente dannosi. L’esempio più emblematico per illustrare il problema della sovradiagnosi dei tumori è lo screening del cancro alla prostata, rimarcato dallo stesso Richard Albin scopritore del PSA., il quale ha spiegato che il PSA è specifico per la prostata, non specifico per il tumore alla prostata. Il test non è in grado di identificare il cancro alla prostata e, ancor più importante, non è in grado di distinguere tra due tipi di cancro prostatico: quello che può uccidere e quello che non può. Uomini con un basso valore del test possono essere colpiti da tumore pericoloso, mentre quelli con alti valori del test possono essere completamente sani.
La diagnosi precoce può andar bene in alcuni casi, ma non è necessariamente la scelta migliore.
C’è un limite oltre il quale la diagnosi precoce diventa negativa, proprio per la sua precocità e per la sua tendenza a classificare troppe persone come malate, esponendole a basso rischio ai danni legati al trattamento. Si rende necessario bilanciare la riduzione dei decessi, la possibilità di ricevere un’inutile diagnosi e di non dover avere più effetti collaterali del necessario a causa del trattamento.