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Il Prof. Antonio Giordano spiega quali sono i pericoli effettivi di vivere vicino a una discarica

di Maria Pirro

pubblicato il 11.07.2012 su Panorama.it

Le discariche provocano il cancro?
Non è stato ancora dimostrato il nesso di causalità, ma i tempi della scienza non possono diventare un alibi: la correlazione geografica è evidente. Vicino alle discariche è stato registrato un aumento di tumori e malformazioni. Ad esempio, a nord di Napoli e nella provincia di Caserta, dove per decenni sono stati interrati rifiuti tossici, l'eccesso di neoplasie, avvisa uno studio validato dall'Organizzazione mondiale della sanità, è stato del 12 per cento tra gli uomini e del 9 per cento tra le donne. In Texas una ricerca pubblicata nel 2011 ha segnalato che nei pressi di un'area ridotta a sversatoio subito dopo la bonifica le malformazioni congenite sono diminuite del 25 per cento.


Quali malattie sono correlate ai rifiuti?
Senza dubbio, ai rifiuti tossici, le patologie tumorali e le malformazioni congenite. Se poi si considera che nanoparticelle tossiche e diossine non sono né biodegradabili né biocompatibili, si capisce come possono determinare molte malattie. Tra le più comuni,  bronchiti croniche, cancro (sarcomi, linfomi, mielomi e altri tipi di cancro), malformazioni fetali, Parkinson, Alzheimer, infarto e ictus.


Perché all'estero la gente non ha paura di abitare vicino a un termovalorizzatore?
Le premesse sono diverse. In Germania solo i rifiuti organici vengono smaltiti nei termovalorizzatori; plastica, carta, cartone, vetro alluminio accuratamente separati e riciclati. In più, la vendita delle bibite avviene con il sistema del “vuoto a rendere”, le bottiglie riportate al rivenditore, il vantaggio è anche di tipo economico. In Francia, invece, la raccolta differenziata consiste solo nel separare gli involucri di carta e cartone dal resto dei rifiuti, quindi il termovalorizzatore disperde nell’atmosfera fumi e polveri, ma nel Paese si producono grandi quantità di energia a costi contenuti: resta sullo sfondo l'impatto sulla salute. Il termovalorizzatore, però, altro non è che un inceneritore. Bruciare i rifiuti significa trasformarli in polveri sottilissime: nanoparticelle tossiche e diossine dalla dimensione di qualche centesimo di millimetro fino a pochi milionesimi di millimetro. Più sono piccole queste strutture, più sono alte le probabilità che penetrino intimamente nei tessuti.

Qual è l'impatto sulla salute del termovalorizzatore di Acerra, l'impianto per eccellenza al centro delle polemiche?
È difficile stabilire quanto inquina un inceneritore, i dati disponibili sono un po' discordanti. Tuttavia, ad Acerra i "livelli di guardia" nell'emissione di pm 10 (le cosiddette polveri sottili) sono stati superati molteplici volte, nel corso degli anni. Con grave danno per la salute dei cittadini. E, indipendentemente dai livelli di emissione, che pure sono fondamentali, è importante ribadire che incenerire i rifiuti significa produrre gas e ceneri, che, a volte, hanno dimensioni milioni di volte più piccole del polline. È intuitivo che, se il polline è in grado di "viaggiare" per chilometri, anche queste particelle, infinitamente più leggere, possono "viaggiare". Tutto ciò ci impedisce di immaginare la  ricaduta sul territorio. Quindi, è imprevedibile il danno alla salute che queste polveri sottili possono causare.


In Italia la rete di sorveglianza sanitaria funziona?
La rete di sorveglianza sanitaria si basa sulla compilazione di apposite schede, da parte dei medici di medicina generale, per la “denuncia obbligatoria” di talune malattie. Un compito non sempre ottemperato con zelo. Quanto alle diagnosi di cancro, all'Istituto superiore di sanità confluiscono i dati raccolti attraverso registri tumori accreditati, tuttavia non ancora operativi in tutte le regioni. E gli allarmi lanciati spesso restano inascoltati. Uno studio epidemiologico che ho seguito in prima persona, tre anni fa pubblicato sul "Journal of  Experimental Cinical Cancer Research", ha consentito di mostrare queste falle nel sistema. Dall'esame delle schede di dimissioni ospedaliere, riviste in modo sistematico in Campania, è emerso che, tra il 2002 e il 2005, il numero di tumori alla mammella è stato superiore a quello riportato dagli organi ufficiali. Oltre 40mila i casi non censiti, statistiche sottostimate del 26,5 per cento, soprattutto nella fascia d'età tra i 25 e i 44 anni.

Altri studi sono in corso?
Come gruppo di ricerca, il nuovo lavoro realizzato sull'incidenza del cancro in Italia perfeziona la metodologia del precedente studio ed estende il periodo di osservazione fino al 2008. I risultati scientifici confermano che l'aumento più significativo del numero di interventi, per i tumori al seno, si è avuto tra i 25 e i 39 anni e tra i 40 e 44 anni, cioè in età pre-screening.

http://italia.panorama.it/speciale-rifiuti/Discariche-quali-rischi-...

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