I dati sull’incremento dei tumori e della mortalità nella regione Campania stanno raggiungendo dei livelli esponenziali. A confermarlo, i risultati di una ricerca dell’Istituto Pascale di Napoli che tracciano una mappa dell’insorgere di casi di tumori nella regione. Secondo i dati espressi, in provincia di Napoli si è avuto un incremento dei tassi di mortalità del 47 per cento per gli uomini e del 40 per cento per le donne; mentre a Caserta c'è stato un incremento del 28,4 per cento negli uomini, e del 32,7 per cento per le donne. Inoltre: «Si registra un aumento drammatico per alcuni tumori, in netta controtendenza non solo con i dati italiani ma anche con i dati registrati nelle altre province della regione Campania».
Di tumori e relazione con l’ambiente se ne discute da oramai diversi anni, tanto che Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute di Philadelphia e promotore della Human Health Foundation Onlus di Spoleto-Terni, sottolinea un ritardo nella diffusione di notizie riguardo questo fenomeno: “Al di là dei numeri, l’aumento dell’incidenza dei tumori in Campania è un dato rilevante quanto già ampiamente noto. L’Istituto Superiore della Sanità già da tempo ha posto in essere studi epidemiologici che hanno messo in luce l’aumento di alcuni tumori nelle province di Napoli e Caserta, in particolare quello al seno. Sempre maggiore diventa la convinzione che questi effetti dipendano da fattori ambientali e, in particolare, dai rifiuti tossici non sversati seguendo regole di difesa della salute pubblica del cittadino. Ciò – prosegue Giordano – è stato anche l’oggetto di un’indagine condotta dal mio team di ricerca che già nel 2011 ha rivelato il dramma sanitario della regione. A questo aggiungo che l’ISS con lo studio “Sentieri” aveva sostanzialmente ammesso l’aumento costante dell’incidenza dei tumori nei siti di interesse nazionale (SIN), aree che da anni attendono una bonifica”.
Per quanto riguarda la ricerca sui tumori, la HHF Onlus sta conducendo proprio sul tumore al seno, uno tra i più allarmanti in regione, un studio molto importante: “Partendo dall’ipotesi che la presenza di diverse tipologie di cancro al seno e la capacità di ricomparsa del tumore potrebbero dipendere dalla presenza all’interno della massa tumorale di cellule che mostrano caratteristiche simili alle cellule staminali, che per questo vengono chiamate “cellule staminali cancerose”, abbiamo iniziato uno studio con lo scopo di identificare i geni e i meccanismi biologici che regolano le attività di queste cellule staminali cancerose nel carcinoma mammario”.
Giordano ricorda in particolare due studi che hanno sancito negli scorsi anni l’emergere del grave problema.
Nel 2009 uno studio, già pubblicato online sulla rivista specializzata Journal of Experimental and Clinical Cancer Research, ha avuto il merito di "contare" per la prima volta i tumori al seno che si verificano in Italia. Prima d’allora, infatti, le uniche informazioni disponibili si basavano su una metodica di stima indiretta (denominata MIAMOD: modello di analisi di Mortalità-Incidenza), sviluppata sulla base dei dati di mortalità dell'ISTAT e sui dati di sopravvivenza dello studio EUROCARE.
E poi non si può tralasciare una delle prime sollecitazioni su questo dramma, lanciata dal ricercatore Alfredo Mazza nel 2005, che attraverso la prestigiosa rivista The Lancet, nella sezione dedicata all'oncologia, definì i paesi di Nola, Acerra e Marigliano il "triangolo della morte". Ecco cosa dichiarava già sette anni fa: “In questo pezzo di Campania si muore di tumore ben più che nel resto d'Italia, come dimostrano le statistiche degli ultimi anni, se si pensa che in questa zona abitata da oltre mezzo milione di persone l'indice di mortalità per tumore al fegato ogni 100mila abitanti sfiora il 35.9 per gli uomini e il 20.5 per le donne rispetto a una media nazionale che è di 14.0. Mortalità ben più alta che nel resto d'Italia anche per quanto riguarda il cancro alla vescica, al sistema nervoso e alla prostata”. E ancora: “Anche le strutture più moderne costituiscono un rischio per la salute pubblica, perché contengono ammassi di rifiuti non classificati”.
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