Un articolo de Il Fatto Quotidiano, riporta una ricerca dell'Istat che fotografa impietosamente il fenomeno della fuga dei cervelli in Italia. "Originario del Centro-Nord Italia, con una famiglia dall’elevato livello di istruzione e con il dottorato conseguito entro i 32 anni: è questo l’identikit del dottore di ricerca “mobile”, cioè quello che si sposta all’estero dopo il conseguimento del prestigioso titolo di studio. Su 18mila dottori di ricerca, quasi 1.300 (il 7%) si sono infatti spostati all’estero. Questo, il risultato dell’analisi condotta dall’Istat tra dicembre 2009 e febbraio 2010: di questo 7% lo 0,6% risiedeva già all’estero. E all’interno della percentuale rimanente, sono di più i maschi delle femmine (7,6% contro 5,1%). A spostarsi di più sono soprattutto gli studenti che hanno conseguito il dottorato in giovane età (meno di 32 anni) e chi proviene da famiglie con un elevato livello d’istruzione". Questo quanto riporta il giornale.
Il professor Antonio Giordano direttore dello Sbarro Institute e promotore della Human Health Foundation Onlus spiega al riguardo: "Il fenomeno della fuga dei cervelli non solo non è stato arginato, ma al contrario si è allargato a dismisura e andrebbe quindi affrontato una volta per tutte. Se un ricercatore su 10 (il 7 per cento del totale), cerca di formarsi e affermarsi all'estero, la sconfitta del sistema Italia è evidente. Non mi stancherò mai di dire che un Paese si può definire ricco e moderno solo se investe maggiormente nella ricerca, sia scientifica che quella legata all'innovazione tecnologica. La mia esperienza tra gli USA e l'Italia mi ha dato poi modo di apprezzare tantissimi validi e giovani ricercatori che non sempre trovano un lavoro adeguato alle esperienze accumulate all'estero. L'Italia dunque deve cercare di dare più possibilità a chi resta ma anche di ri-attrarre le menti migliori nel proprio Paese, per evitare che siano le altre nazioni a godere i frutti del lavoro di nostri ottimi professionisti".
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