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Chiunque voglia limitare l’apporto calorico quotidiano per intraprendere un regime dietetico è sicuramente predisposto a rinunciare ad un piatto di pasta o ad una fetta di dolce, ma non tutti fanno a meno, con altrettanta consapevolezza, all’assunzione di bibite zuccherate che, per quanto dissetanti, di gusto piacevole e poco costose, costituiscono un’importante apporto di calorie in eccesso.

Negli Stati Uniti queste bevande sono comunemente denominate coi termini “soft drink” e comprendono la vasta famiglia di analcolici (bevande gassate, succhi di frutta, limonate, bevande energetiche utilizzate, soprattutto, da chi pratica attività sportiva). La quantità di zuccheri in esse contenute è elevata: una lattina media fornisce un apporto calorico di circa 150 calorie composte per lo più da zucchero (saccarosio), alto contenuto di fruttosio e/o di sciroppo di mais. Per essere più pratici, bere la quantità  di bibita contenuta in una lattina è come assumere circa 10 cucchiaini di zucchero da tavola: lasciamo al buon senso la capacità di giudicare se è opportuno per l’equilibrio glicemico e la funzionalità del pancreas assumere in pochi minuti una tale quantità di zucchero.

Studi scientifici condotti negli USA hanno accertato che l’aumento dell’obesità è strettamente collegato alla crescente percentuale di americani che hanno imparato a sostituire all’acqua bevande in lattina.
Il controllo relativo alla loro assunzione non è di facile gestione: è stato dimostrato che se un’assunzione eccessiva di cibi solidi nel corso di un pasto ci induce a limitare la quantità nel corso del pasto successivo, nel caso delle bevande analcoliche e zuccherate questo sistema di “compensazione” non sembra altrettanto automatico. La spiegazione di questo fenomeno sta forse nel fatto che le bevande zuccherate non riescono a fornire la medesima sensazione di sazietà tipica dei cibi solidi o forse nella circostanza che il nostro corpo non sembra “registrare” l’assunzione delle calorie presenti nel fluido con la stessa cura con cui “prende nota” delle calorie provenienti dai cibi solidi. E’ poi noto che lo zucchero di queste bevande potrebbe stimolare il cervello a richiedere altro dolce.

Anche in Europa i dati di obesità sono particolarmente allarmanti, soprattutto quelli sull’obesità infantile. L’Italia è il Paese europeo con la percentuale più alta di obesità infantile e tra le varie regioni il primato negativo spetta alla Campania. Tra le varie cause gli esperti dell’alimentazione annoverano il crescente consumo di bibite zuccherate tra i bambini. Numerosi sono stati gli interventi (sia in alcune scuole italiane sia in alcune scuole di altri Paesi europei) volti alla prevenzione dell’obesità infantile che hanno condotto al divieto di installare distributori di bibite zuccherate negli ambienti scolastici.

In Italia è stata una scuola media di Matera nel 2007 a fare da apripista al bando delle bibite zuccherate nelle scuole.

Come al solito non è nostra intenzione demonizzare, ma è senz’altro un buon accorgimento, per evitare di ingrassare, ricordarsi che bisogna limitare al minimo l’apporto di zuccheri rispetto a quelli già normalmente contenuti negli alimenti o comunque mantenerli sempre al di sotto del 10% delle calorie necessarie al nostro sostentamento quotidiano.

Del resto il problema di un consumo costante e protratto nel tempo di bevande zuccherate non riguarda solo il rischio di un aumento del peso corporeo: numerose sono le evidenze scientifiche a sostegno di un coinvolgimento di queste bevande nello sviluppo di diabete di tipo 2, malattie cardiache e ossee.

Ne’ può essere una soluzione risolutiva aggirare la questione attraverso il ricorso alle bibite realizzate con dolcificanti artificiali che offrono zero carboidrati, zero grassi, zero proteine.
Anche in questo caso bisogna fare attenzione: il problema non risiede nella loro assunzione una tantum, quanto nell’assunzione regolare protratta nel lungo termine. Infatti se nel breve periodo il passaggio dalle bevande zuccherate a quelle dolcificate con sostanze artificiali sembra effettivamente condurre ad una riduzione del peso corporeo, studi scientifici condotti sul consumo a lungo termine delle bevande dolcificate sono alquanto contrastanti e in alcuni casi dimostrano che il rischio di prendere peso è addirittura aumentato, senza considerare che l’abuso di dolcificanti chimici come l’aspartame e la saccarina può essere sconveniente.

Non va inoltre sottovalutato che i dolcificanti artificiali, segnalando una sensazione di dolce in assenza di calorie, “confondono” il cervello che normalmente risponde in maniera coerente sia ai segnali del “dolce” che a quelli energetici regolando l’appetito. In altre parole, i dolcificanti artificiali attuano una dissociazione tra piacere ed energia e potrebbero alterare quei meccanismi di regolazione di origine nervosa ed ormonale che consentono di avere “consapevolezza” di quante calorie si stanno assumendo. Ma altri studi sono necessari per maggiori chiarimenti.

Come abbiamo avuto modo di vedere non possediamo evidenze scientifiche certe. Sicuramente è opportuno interrogarsi e prendere seriamente in considerazione che vi sono elementi preoccupanti in grado di dimostrare che un uso regolare e protratto nel tempo, sia di bevande zuccherate, sia di bevande con sostanze dolcificanti può risultare controproducente per la salute.

L’unica arma a nostra disposizione è il buon senso accompagnato da un sano approccio alle conoscenze scientifiche…

Per approfondimenti: http://www.gazzettagastronomica.it/2013/zucchero-o-dolcificante/#.U...

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